martedì 4 giugno 2013

Banca della Terra in Liguria


Ospito volentieri sul mio blog questi "appunti" di Anita Piromalli, riguardo le ultime deliberazioni della giunta regionale ligure sulla Banca della Terra.
Anita Piromalli è avvocato a Genova e collabora con il M5S Genova e il Meetup storico 2995.


La Giunta Regione Liguria , ha approvato una delibera, ora in Consiglio per l’approvazione con eventuali modifiche , che istituisce la Banca della Terra col dichiarato scopo di "recupero produttivo dei terreni abbandonati e salvaguardia del territorio favorendone l’accorpamento per un migliore sviluppo aziendale". 

Questo si legge nella relazione di accompagnamento della delibera ,ove viene inoltre espresso l’intento di:

  1. favorire l’occupazione con speciale riguardo ai giovani
  2. favorire lo sviluppo di aziende agroforestali, preservando la tradizione e le filiere locali
  3. prevenire l’erosione e il rischio di incendi
  4. semplificare la normative ed eliminare vincoli al recupero, riconoscendo il ruolo multifunzionale delle imprese agroforestali e promovendo la diversificazione delle attività per favorire l’incremento del reddito

Tutto ciò è bello buono e giusto senonchè l’attuazione di questi propositi è demandata ad un Fondo istituito presso la FILSE s.p.a. , la banca che finanzia le Regione e da questa controllata che, nel caso, si occuperebbe di terre e non di denaro, potendo acquisire la proprietà per contratto privato, ovvero la disponibilità qualora incolte ed abbandonate, per locarle a terzi con procedure che possono, ma non necessariamente devono, essere di evidenza pubblica.

Nella normativa approvata dalla Giunta , non è previsto l’obbligo , preventivo e propedeutico, di predisporre l’inventario dei terreni regionali, coltivati e non. Quindi non è dato conoscere quali siano codesti terreni incolti né di chi siano, inoltre agli agricoltori che non siano imprenditori non viene riconosciuto alcun incentivo, nemmeno se volessero procedere al sollecitato recupero, oneroso e difficoltoso su territorio terrazzato, dove le particelle spesso sono difficilmente raggiungibili a causa del dissesto delle strade di accesso. 

In quanto proprietari sono però tenuti all’osservanza di principi minimi di salvaguardia che la Regione indicherà nel dettaglio in successivo regolamento, pena sanzioni, mentre i comuni, che istituzionalmente sono tenuti alla manutenzione del territorio comunale, non solo non sono passibili di sanzioni o censure, ma possono ricevere dalla regione incentivi a fondo perduto per le opere di manutenzione sui terreni comunali ed infine diventano controllori di sé stessi perché a loro è rimesso il controllo sull’ottemperanza ai principi minimi di salvaguardia, o a quelli indicati nel regolamento comunale che loro stessi si saranno dati, e che , in veste di manutentori istituzionali , li impegna direttamente. 

In sostanza Banca della terra è un fondo presso FILSE s.pa. che ammonta a 1.300.000 € resi disponibili dalla Regione, la cui regolamentazione è prevista in futura convenzione di cui nulla viene anticipato, al quale viene conferita detta somma dalla regione perché la utilizzi per i compiti assegnati che sono anche di gestione diretta della terra. Può infatti:

  1. acquisire la proprietà o il possesso per atti privati
  2. può acquisire la disponibilità dei terreni di cui non si conosce il proprietario dandoli in gestione a terzi secondo procedure anche private e non pubbliche a sua discrezione
  3. può acquisire le terre incolte abbandonate dietro domanda di assegnazione a sé stessa

La mancanza di obbligo di procedura pubblica, di previa individuazione di tutti i terreni, di alcuna prevista procedura di controllo, e di possibilità di gestione diretta da parte di FILSE pare senz’altro censurabile . 

Inoltre non vi è alcun riferimento, nella relazione di accompagnamento della delibera a precedente legislazione regionale sulle terre incolte, del 1996, che ha previsto l’istituzione di commissioni (ancora pare in funzione) le quali avrebbero dovuto essere richieste di riferire sull’esecuzione, evidentemente negativa, di quella normativa, individuandone le mancanze e favorendone quindi le modifiche. 

Se ciò sia avvenuto nella relazione non se ne trova comunque traccia, si auspica quantomeno una rapporto di evidenza pubblica sul punto specifico e un inventario, reso pubblico, di tutti i terreni regionali colti ed incolti, verificando soluzioni diverse che consentano la tutela del territorio incentivando gli agricoltori in base a piani di sviluppo agricolo predisposti dai singoli, o da consorzi, dove l’ ente regionale terzo abbia funzioni di gestione delle procedure e di garanzia, controllando che i Comuni eseguano i compiti cui sono istituzionalmente tenuti.

A. Piromalli

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